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L’Orologio dell’Apocalisse segna cento secondi a una metaforica mezzanotte. Dopo una storia di guerre, sfruttamento, sete di potere e discriminazione, l’umanità fronteggia una svolta decisiva. L’unica via per salvare il pianeta è abbandonare un Io che divide, separa e domina. La Nuova Umanità, che può e deve emergere, fa appello a un’innata capacità dell’essere umano: l’empatia.
Un punto di non ritorno: il culto dell’avere
Circa 5000 anni fa, con l’invenzione della scrittura, nasce anche la storia. Eventi, gesta di grandi uomini, usi e costumi dei popoli iniziano a essere tramandati ai posteri. Le pagine della storia umana sono costellate di battaglie, conquiste e guerre combattute anche in nome di ideali o di Dio ma, in realtà, pilotate e fomentate dal desiderio di dominare altri popoli, conquistare altre terre e aumentare il potere di re e Papi. Mai, però, come nel XX secolo il mondo intero è stato testimone di un susseguirsi di atrocità. Con il progresso della scienza e della tecnica, l’uomo è divenuto sempre più abile nel combattere a ‘distanza’. Armi automatiche, missili, bombe e mine antiuomo hanno fornito la possibilità di uccidere molte vite in un colpo solo. Durante la seconda guerra mondiale il genocidio è stato addirittura sistematizzato e gestito come un’azienda, attraverso la macchina mortale dei campi di sterminio. Il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki ha rappresentato il culmine della follia che ha pervaso il secolo scorso.
Nel dopoguerra, insieme ai movimenti pacifisti, alla nascita delle democrazie e alla rivendicazione dei diritti umani, cresce e si sviluppa la tendenza al consumismo. In Occidente torna a regnare la pace. Le persone cercano stabilità. Avere una famiglia, un lavoro, una casa, un’automobile divengono i traguardi di tutti. Nella seconda metà del secolo scorso, e fino a oggi, anche senza una guerra da combattere, la parola d’ordine continua a essere ‘avere’. In nome dell’avere, alcuni divengono ricchi, anzi ricchissimi. Questa esigua percentuale di individui, che possiede ricchezze straordinarie, sono coloro che vanno a costituire la cosiddetta plutonomia, la cerchia estremamente ristretta dei principali consumatori. In questa élite Noam Chomsky, rinomato linguista e pensatore radicale, individua anche gli istituti finanziari e le multinazionali. Purtroppo è dalla notte dei tempi che la ricchezza fa potere e, oggi più che mai, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi rende questi personaggi i padroni del mondo. Quando, in un’epoca di consapevolezza dei diritti umani e di democrazia, una minoranza detiene ricchezza e potere, mentre la maggioranza non sembra fare tante storie e si accontenta, credo che sia spontaneo domandarsi dove stia il trucco.
Il culto dell’avere ha creato la plutonomia ed è sempre questo culto l’arma con la quale nutrire inconsapevolezza nella maggioranza. Così sono stati fabbricati bisogni e creati consumatori, per i quali la vita è un susseguirsi di cose da ottenere. Per mantenere alta l’industria del consumo, non ci si è fatti scrupolo nell’utilizzare combustibili fossili altamente inquinanti o portare il grado di deforestazione a livelli estremamente preoccupanti. In parallelo al consumismo, non si è fermata la corsa agli armamenti e al possesso di ordigni nucleari.
Quanto tempo è rimasto all’Uomo?
Nel 1947 gli esperti del Bulletin of the Atomic Scientists hanno inaugurato l’Orologio dell’Apocalisse. In questo orologio metaforico, il momento di un’ipotetica catastrofe finale è indicato dalla mezzanotte. La minaccia delle armi nucleari e i cambiamenti climatici da record hanno spostato le lancette in avanti. Mancano solo cento metaforici secondi alla mezzanotte. In un articolo pubblicato su Repubblica il 24 gennaio 2020, si leggono le parole pronunciate da Rachel Bronson, Presidente del Bulletin: “Una vera emergenza, ci troviamo in uno stato assolutamente inaccettabile delle questioni mondiali che ha eliminato qualsiasi margine di errore o possibilità di ulteriori ritardi”.
Fino a oggi, a cento secondi alla mezzanotte, ha prevalso un lato della natura umana orientato all’oppressione, al dominio e allo sfruttamento degli altri e delle risorse del pianeta. Un Io, questo, che il filosofo Marco Guzzi definisce egoico-bellico. Un Io che divide, separa e discrimina. Un Io che si percepisce separato da tutto e da tutti, che non si riconosce come parte integrante di un’unica umanità, un unico pianeta e un unico universo. Un Io alienato dalla sua vera natura umana, che può compiere distruzioni di massa e razionalizzare di avere solo “obbedito agli ordini”. O può leggere notizie di morte e atrocità commesse dall’altra parte del mondo, mentre beve il caffè al bar, riuscendo a non agitarsi più di tanto. È questo l’Io umano che i pensatori dell’Illuminismo, come Adam Smith e John Locke, hanno identificato con la natura dell’Uomo? Ed è questa davvero la vera natura umana? Oppure esiste una nuova possibilità?
Come sottolinea Guzzi, l’umanità si trova adesso a un bivio, di fronte a un passaggio antropologico difficile ma cruciale e necessario.
Una rivoluzione in cento secondi: la nascita di una Nuova Umanità
Il cambiamento della coscienza umana diventa la priorità. La rivoluzione auspicata, perché non più possibile da rimandare, comporta una trasformazione profonda dell’Io umano. Urgente è la trasformazione dell’Io che divide e separa in un Io, anzi un Sé, che si pone in ascolto, che sente l’altro e sta in relazione. La nuova umanità è un’umanità che riesce ad abbandonare l’impulso alla scissione dagli altri, dal pianeta che condividiamo e riconosce di essere parte di un tutto, indissolubilmente legato e interconnesso. L’Uomo Nuovo riconosce il destino comune della famiglia umana e di tutti gli esseri viventi, come sa anche percepire la Terra come un’unità vivente, con la quale interagire con rispetto, gratitudine e amore. La Nuova Umanità dovrà saper sviluppare occhi nuovi, capaci di scorgere la sacralità della vita dell’altro, di vedere ciò che accomuna e unisce e non ciò che rende diversi. Cercare i punti in comune nelle diverse religioni e ideologie, nelle diverse culture e modi di vivere, perché la diversità diventi una ricchezza e non un fattore di separazione e discriminazione. Questa umanità abbandona l’avere e sceglie l’essere.
L’essere umano è apparso soltanto 175.000 anni fa e, in questo breve lasso di tempo, è riuscito a portare la sua stessa specie e il pianeta che lo ospita sull’orlo della distruzione. Può cambiare se stesso e invertire la rotta in soli cento secondi? La risposta a questa domanda, secondo l’economista Jeremy Rifkin, sta nella caratteristica che ci rende più propriamente umani, l’empatia. L’empatia è quella capacità di riconoscere se stessi nell’altro, di vivere quello che sta vivendo un’altra persona, di uscire da noi stessi per soffrire e gioire insieme agli altri. L’empatia può creare quella magia che ci permette il reciproco scambio di emozioni e che riesce a farci percepire una verità fondamentale: io sono te, e tu sei me.
Con la scoperta dei “neuroni specchio”, la scienza ha restituito all’essere umano la realtà della sua predisposizione biologica all’empatia. L’uomo è empatico per natura e quindi capace di sintonizzarsi con le altre specie viventi e aver cura della Terra, la ‘casa’ di tutti. Solo una civiltà basata sull’empatia e non sull’Io egoista e utilitarista, afferma Rifkin, potrà salvarci. Grazie agli strumenti di interconnessione e condivisione, quali il web e i social, possiamo essere collegati con chiunque, anche dall’altra parte del globo, in tempo reale. La nuova generazione, i cosiddetti ‘nativi digitali’, vivono in comunicazione con tutto il mondo attraverso la Rete. Quella che ieri era la famiglia, oggi può diventare l’intera razza umana. Si apre quindi la nuova possibilità di essere empatici verso chi non conosciamo e chi non incontreremo mai, perché attraverso Internet ci mettiamo in comunicazione con i loro volti, le loro esperienze e le loro emozioni. Il destino, la vita e il bene di persone mai viste prima diventa importante, diviene il nostro destino, la nostra vita e il nostro bene. I problemi degli altri Paesi diventano i miei problemi.
La sfida che abbiamo davanti richiede questo passaggio da un Io che divide a un Sé in relazione, dall’avidità alla generosità, dal desiderio di dominio alla solidarietà, dall’odio all’empatia. In questa nuova civiltà, le energie rinnovabili, pulite, sostituiscono i combustibili fossili e sono distribuite su scala globale, seguendo il modello ‘a rete’ del web. E sempre in questa nuova civiltà non si cercheranno ‘leader’ verticistici da contrapporre a quelle élite che detengono adesso il potere. I nuovi leader saranno molti. Ora è il tempo che ognuno sia leader e i giovani, abituati a una visione globale, sanno che la nuova leadership può solo essere orizzontale. Noi, tutti noi, siamo i leader del XXI secolo!
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