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Il repertorio della leadership: stili, risultati e necessità

Il repertorio della leadership: stili, risultati e necessità

Ogni leader ha il suo stile. Ma quale stile di leadership è più efficace per raggiungere obiettivi sfidanti e creare un clima positivo? Saper essere flessibile, adattando il proprio stile alle diverse situazioni, appare fondamentale. Uno sguardo al significato dell’essere leader di gruppi e organizzazioni. Di se stessi e del pianeta.

 

Parliamo di leadership e di leader. Parole usate spesso e negli ambiti più disparati. Dai partiti politici alle aziende, dalle organizzazioni religiose alle corporation, dai team di lavoro ai movimenti culturali. Leader, dall’inglese to lead (guidare), indica chi guida. Naturalmente, guidare implica andare verso una meta. Nessuno avrebbe niente da rimproverarmi, se definissi un leader come colui o colei che guida verso la realizzazione di un obiettivo.

Ma, poniamoci una domanda fondamentale. Quali sono le qualità che un leader deve possedere per riuscire nella sua impresa? E, soprattutto, esiste una formula, uno o più ingredienti, che rendono una persona un leader di successo, cioè un leader che riesce a portare la sua azienda, la sua organizzazione o, nel piccolo, il suo team, alla vittoria invece che al fallimento?

Lo psicologo americano Daniel Goleman ha analizzato un database di 3871 top manager, valutando l’influenza sull’ambiente di lavoro, dei diversi stili di leadership. Vediamo cosa ha scoperto: l’utile sulle vendite, l’incremento del profitto e il rendimento dei dipendenti mostrano variazioni significative in risposta a stili di leadership differenti. Prima di descrivere i 6 stili di leadership, individuati da Goleman,usciamo dal contesto ‘azienda’ e immaginiamoci il gruppo o l’organizzazione di cui facciamo parte. Siamo animali sociali ed è quindi inevitabile per noi essere membri attivi di tutta una sequela di gruppi di diverso tipo e grandezza, da quelli familiari e amicali,a quelli lavorativi, politici, religiosi e culturali. In ogni organizzazione fatta di persone, piccola o grande che sia, uno o più individui ricoprono il ruolo di leader. Bene. Pensiamo a queste realtà e a quanto sentiamo di andare verso una meta precisa. Soffermiamoci a riflettere sui risultati e sul clima che si respira. Fatto questo, direi che siamo pronti per dare un’occhiata allo stile adottato da chi agisce in veste di leader.

Che cosa ha scoperto Goleman con i suoi studi?

Innanzitutto che un leader vincente riesce a creare un impatto emozionale positivo e sa essere flessibile nel passare da uno stile di leadership all’altro a seconda delle situazioni. Puntiamo la lente sui diversi stili di leadership, da quello risultato più efficace a quello più fallimentare.

Il leader visionario: aprire nuove prospettive. Indicare la meta, la vision, ispirando gli altri a lavorare verso la realizzazione di un ideale comune, crea un cima di alta risonanza emotiva. Un leader che fa appello agli ideali, ai sogni per il futuro che albergano nei cuori di ognuno e dà voce a questi sogni, risvegliandoli con convinzione e abbracciandoli come parte integrante di valori comuni. Indica sì la meta, ma non la strada precisa da percorrere, lasciando ognuno libero di sperimentare, di innovare, di essere creativo e di assumersi rischi. Anche la mansione più ripetitiva, o meno visibile, assume un nuovo significato per chi la svolge. Ogni compito è valorizzato perché è parte di un disegno più grande. Ogni lavoro è importante in quanto contribuisce alla realizzazione del sogno di tutti. La vision del leader è la vision condivisa da ogni singola persona.

Il coach: costruire competenze durature. Si interessa alle persone, crea legami e aiuta ognuno a riconoscere i propri talenti, incoraggiando a fissare obiettivi di sviluppo personale e dando sostegno nel percorso. A tal fine preferisce delegare compiti impegnativi e stimolanti, piuttosto che assegnare ‘mere esecuzioni di mansioni’. Un tale leader vuole promuovere capacità, competenze e fiducia in se stessi. Il suo messaggio è “credo in te, investo in te e da te mi aspetto il meglio”. Si preoccupa di concretizzare ciò che promette, creando opportunità di arricchimento professionale come anche di sviluppo personale. Investire significa anche offrire occasioni formative e corsi intensivi. Se le persone migliorano e divengono più capaci, gli obiettivi si realizzano.

Affiliativo: armonizzare il gruppo. Meno enfasi sugli obiettivi da raggiungere, più valore alle persone e ai loro sentimenti e aspirazioni. I traguardi ci sono, ma non sono numeri e cifre a contare, bensì il benessere dei membri del gruppo. L’attenzione principale è sui legami, sul creare relazioni positive e di fiducia reciproca. Un gruppo affiatato, in cui le persone si sostengono a vicenda, lavora sicuramente meglio di un gruppo diviso dai conflitti interni.

Democratico: creare consenso. La parola d’ordine è partecipazione. Valorizzare l’apporto dei singoli, condividere le decisioni, ascoltare le opinioni di tutti, raccogliendo spunti e idee. I membri del gruppo si sentono di avere voce in capitolo e lo apprezzano. La condivisione coinvolge e crea collaborazione.

Battistrada: successo a ogni costo. Standard elevati e focalizzazione sui risultati. Il leader si pone come esempio di eccellenza e si aspetta dagli altri la stessa performance, anche sostituendosi ai collaboratori, se questi sono in difficoltà. Non ci sono chiare linee da seguire, ma ci si aspetta che gli altri “sappiano cosa fare”. Anche se questo stile può funzionare con un gruppo altamente motivato e competente, a lungo andare il rischio è il crollo del morale e della motivazione. Sentirsi sotto pressione crea ansia, se l’unico obiettivo che conta, e dal quale trarre soddisfazione, è il risultato. Non si può dimenticare che le persone hanno bisogno di sentirsi ispirate e valorizzate individualmente. Lavorare per i numeri e le cifre non funziona. Ci vuole un ideale più ampio.

Autoritario: si fa come dico io. Come i dinosauri. Destinato all’estinzione. Non è più il tempo in cui chi comanda impartisce direttive dall’alto senza motivare le ragioni che ne stanno alla base. Manca consenso. La condivisione scarseggia. Un leader del genere critica molto e loda poco. Risultato: il morale dei membri del gruppo si logora. Si ubbidisce per timore e non per decisione personale. Certo, ci sono momenti in cui è urgente prendere decisioni. Momenti di emergenza. Anche in tali circostanze, però, è la capacità empatica del leader a fare la differenza. Una guida che sa accendere gli animi delle persone, che ha a cuore il benessere di tutti e agisce per il bene comune, creando legami di fiducia e sostegno reciproco, può e, forse, deve saper prendere decisioni rapide davanti a una crisi. Il consiglio è ricorrere a questo stile di leadership raramente e solo se strettamente necessario.

Abbiamo dato uno sguardo ai diversi stili di leadership, elencati, dal visionario all’autoritario, sulla base dei risultati e del successo raggiunto da aziende e organizzazioni. Adesso giunge il momento di chiederci: quali sono i risultati che il gruppo, l’azienda o l’organizzazione di cui faccio parte ha raggiunto? Siamo in crescita o in perdita? Il morale delle persone è alto o i più appaiono demotivati o, magari, sotto pressione? Da quanto tempo non ci sentiamo ispirati e valorizzati? Riflettere e trovare risposta a queste domande può essere la chiave per aggiustare il tiro e promuovere i cambiamenti necessari a una svolta in positivo. In fondo, ognuno di noi nel suo ambiente di vita è un leader. Un genitore con i figli, un insegnante con la sua classe o un datore di lavoro con i suoi dipendenti. Se ci pensiamo bene, ognuno è anche leader di se stesso, responsabile dell’andamento della propria vita e delle proprie scelte. Sembra strano ma la nostra voce  interiore, la nostra guida interna ha un suo stile predominante. Proviamo a chiederci qual è questo stile e, più importante, osserviamo quanto riusciamo a essere flessibili con noi stessi. Riusciamo a usare, con la dovuta maestria, lo stile più adatto alle varie situazioni o rimaniamo imprigionati in schemi comportamentali rigidi e automatici?

La leadership è, in definitiva, un modo di essere e di relazionarsi con se stessi e con gli altri. I risultati che riusciamo a ottenere nella vita, nel lavoro e nelle relazioni sono il termometro della sanità e funzionalità del nostro stile di leadership.

Fin qui i nostri occhi si sono soffermati su gruppi, aziende e organizzazioni per poi accennare alla vita più intima, il rapporto che abbiamo con noi stessi e con le persone con cui entriamo in contatto nel quotidiano.

Allarghiamo l’orizzonte e volgiamo il nostro sguardo al mondo. Siamo tutti d’accordo, credo, nel riconoscere che la situazione non è delle più rosee. Scienziati ed ecologisti da anni hanno lanciato un allarme che non può rimanere inascoltato. Specie animali e vegetali sono a rischio di estinzione. L’inquinamento atmosferico e delle acque ha assunto proporzioni preoccupanti. Conflitti, ingiustizie e povertà dilagano e non accennano a diminuire. Si parla di punti di non ritorno. Si minaccia una inevitabile estinzione dell’umanità.

Questi sono i risultati.

Lo stile nascosto della leadership che governa il pianeta

Quale o quali tipi di leadership stanno portando il pianeta e tutti i suoi abitanti alla rovina? È una domanda alla quale è più che mai necessario trovare una risposta. Una risposta che non troveremo così facilmente nei 6 stili descritti da Goleman. Esiste una realtà, come indica il giurista Gustavo Zagrebelsky, che veste i panni della democrazia e va oltre qualsiasi forma di leadership classificabile. Il suffragio universale e la libertà di espressione elargiscono l’illusione della sovranità popolare. Ma sono davvero i più a governare e a decidere le sorti nazionali e internazionali? Direi di no. Pochi, ricchi e potenti, veri e propri oligarchi, muovono le fila di mercati ed elezioni politiche con un unico scopo in mente: mantenere e accrescere le proprie ricchezze. Le mani avide degli oligarchi arrivano ovunque: gruppi editoriali, mezzi di comunicazione di massa, partiti politici, movimenti intellettuali e l’industria pubblicitaria. Una tirannide mascherata da democrazia. Una dittatura che riesce a mantenere il proprio controllo nutrendo la gente con l’ideologia del consumismo, per cui “più hai e più sei”. Altro suo motto è l’antico Divide et impera. Creare motivi di conflitto, questioni di discordia e di inimicizia all’interno di un popolo oppresso, è un’altra buona strategia per distrarre una maggioranza, che unita, potrebbe diventare pericolosa e decidere che è giunto il momento di cambiare direzione.

Il tipo di leader di cui l’umanità ha urgentemente bisogno, in questo momento storico così critico, è da individuare non in un’unica persona, ma nei molti. L’umanità del XXI secolo dovrà necessariamente essere un’umanità nuova, ‘risvegliata’ alla realtà che il pianeta è di tutti e non di pochi. Un’umanità che riconosce se stessa in ogni altro umano ed essere vivente sulla Terra. I nuovi leader saranno coloro che uniscono, superando tutte le false differenze basate su razza, nazionalità, posizione sociale, genere, status o confessione religiosa.

Il leader del futuro possiede un talento particolare: sa squarciare l’illusione delle differenze ed è maestro nel riconoscere i valori universali alla base di ogni grande filosofia e fede religiosa. Il suo oggetto di culto è la sacralità della vita. Le sue armi, il dialogo e la protesta non violenta. Un leader, che prima di essere leader di altri, è leader di se stesso.

Bibliografia

  • Goleman, D. (2018) Essere leader. Mondadori Libri: Milano
  • Zagrebelsky, G. Tempo di oligarchie e di chiarimenti. (articolo di Repubblica 12 ottobre 2016)

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