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Personalmente ho salutato l'avvento dello Smart working inizialmente con interesse, proprio perché mi sembrava maggiormente conciliabile con le altre attività che svolgo e che mi interessano molto, ma ben presto mi sono resa conto di quanto, a fronte della maggior possibilità di organizzazione, si fosse impoverito il confronto con i colleghi sia umano, sia professionale, confronto che avviene per vicinanza e per relazione. Infatti quando parlo di lavoro, parlo anche delle mie emozioni, di sfumature che rendono vivo e ricco il pensiero.
Partiamo con il delineare la differenza tra telelavoro e smart working. Entrambi i termini indicano un lavoro fuori dall'ufficio, il primo prevede un luogo fisso, pause definite, un orario di inizio e fine del lavoro, conforme a quello in ufficio e il datore di lavoro si deve preoccupare di installare una postazione a casa del dipendente, trasponendo gli elementi tutelanti del luogo di lavoro tradizionale, il secondo una destrutturazione sia dello spazio, sia del tempo: il lavoratore non è tenuto a svolgerlo a casa, ma può spostarsi e lavorare dove desidera e il datore di lavoro è tenuto solo ad informare rispetto ai rischi.
Lo smartworking acuisce così le differenze, invece che appianarle: le postazioni e le condizioni ambientali molto differenti tra loro, la difficoltà a che prenda forma una comunità del lavoro, per poter portare avanti i propri diritti, la rescissione della fisicità, dei rapporti tra le persone, fatti anche di elementi solidaristici, rendendo impossibile la partecipazione dei lavoratori alla politica del Paese.
Bisogna precisare che non tutti i lavori sono telelavorabili o svolgibili in smart working, solo quelli intellettuali e non quelli manuali o professionali. Inoltre lo smart working è facoltativo e reversibile e può essere intermittente.
Alcuni ne accentuano i vantaggi:
-sottolineano che migliorano la vita privata e la conciliabilità tra vita personale e professionale, per effetto dell'azzeramento dei tempi di trasferimento da casa al lavoro, tempo che può essere utilizzato per la cura della persona, lo studio, il tempo libero, la cura della famiglia, di malati in casa o persone deboli;
-potendo svolgersi con smartphone o tablet, rendono possibile spostarsi e permettono lo svolgimento del lavoro dovunque, anche in luoghi di villeggiatura, con conseguente miglioramento delle condizioni psicologiche del lavoratore e un aumento della creatività;
-per effetto del minor numero di spostamenti, diminuiscono le spese di trasporto, l'inquinamento e lo stress, derivante dal pendolarismo.
Altri ne fanno notare gli svantaggi, soprattutto quando non deriva da una scelta autonoma e ponderata, ma si è costretti, come è stato in questo periodo di emergenza sanitaria, in cui la maggioranza si è ritrovata ad usufruire di questo dispositivo, senza avere condizioni adeguate per poterlo svolgere:
-assenza di un luogo fisico tranquillo e piacevole e di attrezzatura adatta;
-presenza in spazi piccoli di figli ed altri componenti della famiglia, che richiedono l'attenzione;
-solitudine, per effetto di contatti e relazioni con i colleghi ridotti e rarefatti;
- perdita di contrattualità, collegata alla difficoltà da parte dei lavoratori di associarsi, per contrastare il potere del datore di lavoro. D'altronde diviene molto difficile per il sindacato fare proselitismo, che si basa sui rapporti umani, l'incontro, l'empatia, la simpatia. Inoltre non è facile per il lavoratore stesso essere consapevole che i problemi che lo affliggono, affliggono anche gli altri.
-il lavoratore in smart working spesso lavora di più e viene pagato di meno, in quanto non gli vengono riconosciuti né gli straordinari, né i buoni pasto.
Alcuni ritengono che lo smart working costituisca l'apripista della polverizzazione del sindacato e la diffusione delle dinamiche neoliberiste.
Negli ultimi anni è letteralmente esploso il fenomeno della precarietà, il contratto di lavoro tipico da essere quello indeterminato, a tempo pieno, è diventato quello interinale, quello partime, lo stage e tale precarietà e flessibilizzazione hanno indebolito la posizione del lavoratore, che sempre meno si trova nella condizione di poter rivendicare migliori condizioni, perché sottoposto a ricattabilità.
Potrebbe succedere inoltre che un aspirante candidato al lavoro si trovi in competizione non solo con i suoi connazionali, ma anche con tutti i cittadini del mondo. Miliardi di persone in lotta per un solo posto di lavoro. Uno scenario distopico, che però rischia di diventare realtà.
Uno studio condotto dal Tony Blair Institute for Global Change, ha provato a calcolare quali saranno gli effetti della diffusione dello smart working e, secondo l'istituto britannico, un lavoro su 5, attualmente ricoperto da un cittadino, con residenza nel Regno Unito, potrebbe essere esternalizzato. L' Istituto quantifica in 6 milioni i posti di lavoro che rischiano di essere assorbiti fuori dal Regno Unito. Se non affrontati l'esternalizzazione e la delocalizzazione di questi ruoli possono avere conseguenze politiche, economiche, sociali, in un lasso di tempo accelerato.
Sviluppatori informatici, designer, social media, manager e call center sono solo alcuni dei posti di lavoro che rischiano di subire questo processo.
Le imprese non nascondono i vantaggi economici che il lavoro da remoto può offrire: risparmio sulle bollette aziendali, eliminazione di momenti di convivialità che distraggono dal lavoro. Inoltre lo smart working rischia di creare un processo di competizione tra Paesi, che vorranno attirare i futuri nomadi digitali. Inoltre non dimentichiamoci che per ogni lavoratore qualificato che lascia l'ufficio, sono almeno 5 i posti di lavoro stimati che rischiano di sparire: bar, caffetterie, tabaccherie degli storici centri cittadini, non avranno più la clientela abituale dei lavoratori in pausa pranzo. Si rischia di assistere alla desertificazione degli spazi urbani e alla trasformazione del mercato del lavoro in un grande ring mondiale.
Personalmente ho salutato l'avvento dello Smart working inizialmente con interesse, proprio perché mi sembrava maggiormente conciliabile con le altre attività che svolgo e che mi interessano molto, ma ben presto mi sono resa conto di quanto, a fronte della maggior possibilità di organizzazione, si fosse impoverito il confronto con i colleghi sia umano, sia professionale, confronto che avviene per vicinanza e per relazione. Infatti quando parlo di lavoro, parlo anche delle mie emozioni, di sfumature che rendono vivo e ricco il pensiero.
A casa si lavora di più, si è più concentrati, ma si perde il contributo degli altri, si produce una forma di afasia, di rinuncia alla comunicazione e non si produce una sintesi tra il proprio pensiero e quello dei colleghi. Non essendoci più separazione dal luogo fisico del lavoro, rischia di essere invaso non solo il tempo, ma anche lo spazio personale e il giorno di appiattirsi sul lavoro, manca ordine, non ci sono spazi chiari. Tutto si svolge nello stesso luogo con l'effetto di un indebolimento gnoseologico.
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